Tassonomia amore mio/2

Terzo giorno in casa ad aspettare che la febbre passi, e che i miei poteri rientrino nel pieno esercizio (o nel pieno ultimo? buhauhauahu qualche ingegnere rida, per piacere….). Dopo una sistematica carrellata di Broncoviz – un giorno devo aggiungere un post dedicato ai miei comici preferiti, di Sensualità a Corte, di Avanzi, di Radiohead, di Depeche Mode, di Air, di Corrado Guzzanti, il tutto su YouTube; dopo un giro di tutti i blog amici; dopo un giro su repubblica.it; dopo una consistente sfogliata di Vanity Fair; dopo una telefonata di un’ora e mezzo con la Sara; dopo una chiacchierata di un’ora con la mamma (a cui segue necessariamente la flebo); insomma, dopo aver goduto di tutti i benefici di una giornata da malata, ecco che avanza ancora tempo, per cui…
Eccovi la seconda puntata di Tassonomia amore mio. Stavolta si parla di libri. Anche qui un gran casino, ché ce ne sono parecchi che hanno lottato col coltello tra i denti per entrare in questa ambitissima selezione, e son rimasti fuori…
Quelli che ho descritto in grassetto sono quei libri che magari non amo più di altri non grassettati, però sono quelli che se me li trovo per le mani funzionano come una scatola di cioccolatini: apro e mangio in qua e là con furiosa ingordigia. E quei libri invece li apro e corro a ricercare i passaggi che amo di più. In pratica, libri che se mi ricapitano per le mani con un po’ di tempo a disposizione me li rileggo furiosamente.
Una postilla: due persone diverse assai tra loro mi dicono che “per te, chi non la pensa come te sbaglia: come si fa a ragionare di gusti?”. Uff, ragazzi, è proprio vero. Ma a me le cose che mi garbano, e mi garbano proprio tanto! E anzi, vorrei che ora tutti leggeste questi libri di seguito elencati. Ma lo vorrei per il vostro bene, capite? Non perché vi voglio uniformare al mio gusto, ma perché secondo me, ecco, se non si sono letti questi libri, e non c’è nulla da fare: e si vive peggio.
1.    I Fratelli Karamazov – Fedor Dostoevskij: ne ho già parlato in questo blog. Leg-getevelo, non è un consiglio: è una forte raccomandazione.
2.    Cecità – Josè Saramago: già accennato in un precedente post alla straordinaria tecnica narrativa di Saramago (nobel per la letteratura nel 2001?): solo discorso indiretto libero, quasi solo virgole. Niente pietismi, niente enfasi, niente autocompiacimento, uno stile asciutto ma potente. Cosa succederebbe se in una intera nazione, nel giro di alcuni mesi, divenissimo tutti ciechi? Il caos che ne originerebbe farebbe da grimaldello per liberare le peggiori nefandezze dell’animo umano…
3.    Trilogia Di New York – Paul Auster: tre storie di alienazione, solitudine, follia, una dentro l’altra, l’altra dentro l’una. Da sfondo, la mitica Grande Mela. Anche qui uno stile scarno ma avvincente fino all’ansia… Non si può stare finché non lo si è finito.
4.    Il Libro Delle Illusioni – Paul Auster: il primo libro di Auster che ho letto. Una storia di solitudine, una storia di amore e morte, una storia di disperazione con un lumicino di speranza intravista da lontano. Ma tutte queste cose allineate con una storia straordi-naria nel complesso, di normale quotidianità nei singoli fatti. Auster ha questa sconvol-gente capacità di combinare i fatti di tutti i giorni a formare una storia pazzescamente fantasiosa. Vorrei tanto conoscerlo, anzi vorrei tanto essere sua amica e poter tirar su il telefono in qualsiasi momento per telefonargli e chiedergli “Come stai?”… Come diceva J.D. Salinger, ricordate?
5.    I Fiori Blu – Raymond Queneau: “onari ante oneiratos” un sogno in cambio di un sogno. Il duca d’Auge qualche secolo fa, e il signor Cidrolin oggigiorno, si scambiano e si intrecciano su un parallelo narrativo che se ne strafrega della distanza temporale. Vicende insulse e assurde (chi ridipinge la staccionata di Ci-drolin ogni notte?) che però Queneau rende geniali e irresistibili. Da morire dal ridere, da rimanere incantati. Qualche giorno fa ho riletto qualche brano: mi veniva da sbattere la testa nel muro dalla frenesia, dalla goduria, dall’invidia per quest’uomo che geniale è dire niente.
6.    Furore – John Steinbeck: la rivoluzione agricola e la Grande Depressione degli anni 1930 nello sterminato midwest americano, attraverso le vicende di una famiglia che parte per la California in cerca di migliori lidi. Strepitosamente scritto, che altro dire. Leggételo, perdiana.
7.    Le Cosmicomiche – Italo Calvino: amore e scienza, come piace tanto a Tommaso. La storia dei dinosauri/animali preistorici che si evolvono alla maniera di Lamarque (Lamarck?) è di una tenerezza lacrimevole. E poi, è Calvino. Punto. E’ stato difficile sceglierne uno solo di Calvino.
8.    Il Maestro E Margherita – Michail Bulgakov: una fiaba d’amore di altri tempi, raccontata oggi. Altro che realismo magico sudamericano: questa è vera magia narrativa. E i misteriosi personaggi che entrano ed escono… Quel tizio coi pantaloni a quadretti che parla poco… Mmmmmhhhh…
9.    Arcipelago Gulag – Aleksandr Solzenicin: ne ho già parlato ampiamente.
10.    La Certosa Di Parma – Stendhal: le peripezie del giovane marchese Fabrizio del Dongo, che nella sua beata incoscienza e sull’onda di un giovanilistico entusiasmo si unisce (in ritardo) all’armata Napoleonica per combattere le ultime battaglie del condot-tiero corso. Ne succederanno di tutti i colori: amore, politica, guerra, spionaggio, amicizia, famiglia, religione, gerarchie, qui c’è veramente di tutto. E ci sta tutto dannatamen-te bene.
11.    Cuore Di Tenebra – Joseph Conrad: un romanzo carico di mistero ed inquietudi-ne, ambientato in una Europa (Londra?) e un Congo Belga ugualmente ostili e a-lienanti. Il primo romanzo che denuncia la mostruosità e l’inumanità dello schiavismo, scritto negli stessi anni in cui KIPLING scriveva quel che scriveva. Ci pensate? Anni luce avanti sulla società – infatti fu una pubblicazione sgraditissima per l’epoca.
12.    Un Antropologo Su Marte – Oliver Sacks: sette storie paradossali, sette casi clinici ed umani del neuropsichiatra più celebre dei giorni nostri. Sette malati che si finisce per considerare semplicemente sette persone “normali” come noi, e che si finisce per amare. Uno su tutti: Ray dai Mille Tic. Per anni è stato il mio libro preferito.
13.    Il Grande Gatsby – Francis Scott Fitzgerald: chi è veramente Gatsby? Un personaggio che crediamo di comprendere sempre più lungo lo scorrere degli eventi, e poi si arriva alla fine e si ha il dubbio che invece ci sia sfuggito totalmente. I ruggenti anni 1920 raccontati dalla parte di “chi stava bene”, raccontati con falsa leggerezza ed irriverenza (vedi il post "A chi piace Italo Calvino?" ).
14.    Gita Al Faro – Virginia Woolf: le vicende di una famiglia nel trascorrere di tanti anni, guerra compresa, come se fossero riprese da una telecamera fissata dentro la casa “al mare” di famiglia. E anche il trasformarsi della casa nel corso degli anni. E anche la casa come specchio della condizione e l’evoluzione della famiglia proprietaria. Un romanzo in cui passa un sacco di tempo, eppure sembra di rimanere fermi al primo giorno. Altro che oceano mare.
15.    Lo Straniero – Albert Camus: l’assurdo della vita, raccontato con disarmante commovente semplicità. Un uomo senza ideali e senza progetti particolari uccide uno sconosciuto per futili motivi. Si legge in un pomeriggio, ci si ripensa per mesi e mesi.
16.    Galapagos – Kurt Vonnegut jr.: e se ci evolvessimo in splendidi uomini-foca, ricoperti di morbidissima pelliccia? L’evoluzionismo Darwiniano portato alle sue estreme conseguenze con irriverenta disinvoltura. Un libro assurdo da quanto è geniale.
17.    Candido – Voltaire: ovvero, l’ottimismo. Una feroce brillante caustica critica alla pseudoscienza aristotelica, al ragionamento sillogistico, all’oscurantismo fomentato da secoli di regnanti assoluti. Si gode dal ridere con la dimostrazione che la pecora doveva essere rossa e morire di cimurro.
18.    Il Piccolo Principe – Antoine De Saint-Exupery: una storia (apparentemente) sem-plice sull’amicizia e il valore della vita, raccontata con una delicatezza che non ha trovato pari, almeno per quel che ne so.
19.    Sulla Strada – Jack Kerouac: è difficile dire di questo romanzo… e ho paura che qualcuno mi corregga… Fatelo, ma senza cattiveria! Il romanzo manifesto della beat generation, geniale nel saperla compendiare perfettamente attraverso gli innumerevoli personaggi e comparse. Non vivrei mai così, perciò mi è piaciuto tanto. Quando si dice che la letteratura ci fa viaggiare rimanendo fermi…
20.    Dona Flor E I Suoi Due Mariti – Jorge Amado: Dona Flor è sposata con Vadinho: fannullone, ubriacone, ma pieno di vita e allegria soprattutto sotto le lenzuola. Dona Flor è rassegnata a lavorare per mantenere entrambi mentre Vadinho la fa felice – e molto – con le proprie doti prettamente maschili. Ma Vadinho muore e Dona Flor si ri-sposa col farmacista: e finalmente ha la tranquillità, la serenità, l’uomo protettivo e responsabile che non ha mai avuto. Allora Dona Flor sì che sente la mancanza del primo irresistibile insostituibile marito… il quale per non lasciarla del tutto sola, pricipierà a visitarla in sogno. Mi è caro questo romanzo perché quando la Virgi me lo consigliò e dopo averlo letto, mi disse: vedi, Franci, te sei come Dona Flor, ma hai trovato prima il farmacista… Ora devi trovare uno che ti dia un bacio alla cipolla, come Vadinho. Ah, Virgi…!

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